Luigi Cerciello Renna (AgriEthos - Unione Coltivatori Italiani): I nuovi rischi alimentari in Europa e la sottovalutazione sociale dell'Efsa, organo giuridico comunitario valutatore

Nel generale e ingiustificabile silenzio dei mass-media e dei principali attori socio-istituzionali del nostro Paese – in particolare delle realtà più rappresentative dell’agroalimentare nazionale -, che ha fatto seguito alla sua diramazione, il 21 luglio ultimo scorso è stato pubblicato l’ultimo Rapporto sui rischi emergenti nelle filiere alimentari d’Europa, stilato ogni anno dall’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (meglio nota come ‘EFSA’, quale acronimo di European Food Safety Authority) in collaborazione con la FAO e l’Organizzazione Mondiale della Sanità e che nell’edizione più recente ha riguardato 22 Stati U.E. insieme con Svizzera e Norvegia.
Nel riannodare i fili della storia, la mente volge a poco meno di quindici anni fa, allorquando la comunità internazionale si rivelava oltremodo scossa in conseguenza dei diversi allarmi e delle gravi crisi alimentari verificatesi negli anni Novanta, dal “morbo della mucca pazza” alla diossina. Fu il Regolamento comunitario n. 178 del 28 gennaio 2002, con cui il Legislatore europeo intese fissare i principi e i requisiti generali del diritto alimentare sovranazionale, a istituire l’EFSA (artt. 22-49) stabilendone l’organizzazione interna delle risorse umane, le relative responsabilità e il funzionamento della pertinente struttura. Si tratta, in sostanza, del medesimo provvedimento con cui fu disposto, per la prima volta nel decorso dell’evoluzione ordinamentale del Vecchio Continente, l’obbligo normativo della rintracciabilità lungo tutte le fasi di produzione, trasformazione e commercializzazione di alimenti e mangimi (artt. 4-21), nonché fu istituito, sotto forma di rete, un sistema comunitario di allarme rapido per la notificazione dei rischi diretti o indiretti per la salute umana e un insieme di misure che le istituzioni europee avrebbero dovuto adottare per la gestione di crisi e situazioni di emergenza in campo alimentare (artt. 50-57).
In vero, già il Libro Bianco sulla sicurezza alimentare del 12 gennaio 2000, con cui la Commissione Europea si prefissò di formulare i principi edificatori di un’efficace politica comunitaria sulla sicurezza alimentare, aveva riconosciuto l’opportunità di creare “un’Autorità alimentare europea autonoma, incaricata di elaborare pareri scientifici indipendenti su tutti gli aspetti inerenti alla sicurezza alimentare, alla gestione di sistemi di allarme rapido e alla comunicazione dei rischi”.
Ciò stante, mentre l’articolo 7 del Regolamento n. 178/2002 eleva espressamente l’EFSA a punto di riferimento comunitario in tema di sicurezza alimentare "grazie alla sua indipendenza, alla qualità scientifica e tecnica dei pareri formulati e alle informazioni diffuse, alla trasparenza delle sue procedure e metodi di funzionamento e alla diligenza nello svolgere i compiti ad essa assegnati", dal combinato disposto degli articoli 2, 4, 29, 31 e 32 si ricava che l’Autorità in questione fornisce consulenza e assistenza scientifica e tecnica ai fini della produzione normativa e delle politiche alimentari della Comunità (al riguardo, provvede soprattutto a formulare pareri scientifici e commissiona qualificati studi necessari all’adempimento delle sue funzioni) così come acquisisce ed esamina i dati che consentono la caratterizzazione e la sorveglianza dei rischi che hanno un’incidenza diretta o indiretta sulla sicurezza degli alimenti e dei mangimi, curando la comunicazione scientifica correlata alle criticità rilevate.
Vieppiù che il comma 1 dell’art. 33, titolato “Raccolta di dati”, dopo aver esplicitato che all’EFSA spetta di ricercare, raccogliere, confrontare, analizzare e sintetizzare i dati più significativi nei settori di propria competenza, precisa che la selezione delle informazioni deve riguardare: – il consumo degli alimenti e i rischi cui gli individui si espongono consumando gli stessi (lett. a); – l’incidenza e la diffusione dei rischi biologici (lett. b); – i contaminanti negli alimenti e nei mangimi (lett. c); – i residui (lett. d).
E il comma 1 dell’art. 34, titolato “Individuazione di rischi emergenti”, prevede che l’Autorità stabilisca procedure di sorveglianza, in relazione all’attività di cui al precedente art. 33,
Di fatto, si è venuto a determinare un sistema comunitario di sicurezza alimentare fondato sulla cruciale separazione tra la valutazione del rischio (risk assessment) e la gestione dello stesso (risk management): l’EFSA, da un lato assolve il proprio ruolo di organo europeo ‘valutatore’ e dall’altro supporta Commissione, Parlamento e Stati membri U.E. nell’adozione di più efficaci e tempestive decisioni volte a gestire il rischio, la cui responsabilità ad ogni buon conto grava in capo ai soli soggetti ‘gestori’. Nel tempo, poi, sono andate pure creandosi non poche agenzie nazionali rispetto alle quali l’Autorità ha svolto e svolge un ruolo complementare.
Or dunque, a fronte di una diffusa tendenza nel nostro Paese a contestare i pronunciamenti dell’EFSA richiamando il presunto carattere refrattario, quando non antagonistico, dell’Europa verso il made in Italy, giova evidenziare che è italiano – in passato Direttore generale della Direzione per l’igiene e la sicurezza degli alimenti e la nutrizione del Ministero della Salute – uno dei membri dell’attuale Consiglio di amministrazione dell’Autorità, ossia il “management board” che è l’organo di governo di quest’ultima, così come un italiano – anche in tal caso un Dirigente apicale del Ministero della Salute, in quanto capo dell’ufficio Affari internazionali del Dipartimento della sanità pubblica veterinaria – faceva parte della precedente composizione del board, eletto per due volte Vicepresidente del Consiglio stesso. A ciò peraltro si aggiunga che, nell’ambito dei Dipartimenti operativi dell’EFSA, che ha pur sempre la propria sede in Parma, sono italiani i Capi delle Unità “Salute animale e vegetale”, “Mangimi” e “Servizi generali”, come pure figurano italiani in seno al Foro Consultivo (“Advisory Forum”), al Gruppo di lavoro sulla comunicazione e ai diversi Panel di esperti dell’Autorità.
Ebbene, dopo cinque anni dalla sua istituzione, il Comitato Scientifico dell’EFSA, ormai protesa a rafforzare la tutela del consumatore e a migliorare la credibilità dell’offerta alimentare europea sia sul mercato interno che per i partner commerciali, formulò una precipua definizione, affermando che “un rischio emergente per la salute umana, animale o vegetale deve essere inteso come il rischio che risulti da un fattore (hazard) di nuova identificazione per il quale si può verificare una significativa esposizione, o da una nuova e inattesa significativa esposizione o suscettibilità a fattori di rischio noti”. E, sempre nel 2007, l’Autorità costituì al proprio interno un’unità di lavoro (Department/Unit “Scientific Committee and Emerging risks Unit”, meglio nota come “Emrisk Unit”) dedicata giustappunto alla rilevazione dei nuovi rischi alimentari – che è così divenuta un ambito di azione sistematica dell’EFSA -, gli esiti della cui attività hanno portato nell’ottobre 2010 alla pubblicazione del primo Rapporto sulle incognite sanitarie e nutrizionali degli alimenti. Nello stesso anno venne costituito l’Emerging Risks Exchange Network (EREN), una rete per lo scambio di informazioni tra l’EFSA, gli Stati U.E., la Commissione Europea, le Agenzie Europee e le Organizzazioni Internazionali attive nell’identificazione dei possibili nuovi rischi per la sicurezza di alimenti e mangimi. Proprio il nucleo di informazioni ed elementi ciclicamente recepiti in seno all’EREN sarà destinato ad alimentare i successivi aggiornamenti annuali del Rapporto, diramati sino al più recente che risale ad appena due mesi fa.
In generale, quanto all’attività di risk assessment in seno all’EFSA, vengono dapprima identificate le principali fonti di notizie, dalla c.d. “informazione soft” (media, blog, “grey literature”) alla c.d. “informazione regolativa” (dati RASFF, ossia l’insieme di allerte alimentari comunicate dai vari Stati), alla letteratura scientifica e alle valutazioni di esperti formulate in ambito di conferenze o riportate dai Rapporti delle autorità degli Stati membri. La prima analisi dei dati così acquisiti viene esperita da un gruppo di lavoro interno (ERIC, Emerging Risks Internal Collaboration group), la cui selezione viene poi rimessa al Comitato Scientifico e ai Panel di esperti dell’EFSA, gli esiti delle cui attività vengono infine aggiornati a seguito delle risultanze della successiva fase di scambio di informazioni con lo Stakeholders Consultative Group (StaCG-ER) – una piattaforma di periodico confronto con le parti interessate – e l’Emerging Risks Exchange Network (EREN).
Ebbene, come nel caso di quelli che lo hanno preceduto, il Dossier 2016 sui Rischi Emergenti nella Catena Alimentare in Europa risponde alla duplice finalità di rilevare e comunicare i rischi non noti ma potenzialmente significativi per la salute pubblica, la cui individuazione e analisi si rivelano fondamentali nell’azione di prevenzione delle crisi di sicurezza alimentare da parte degli Stati membri U.E. e della Commissione Europea.
L’EFSA ha utilizzato una classificazione dei rischi emergenti articolata in 5 categorie: – contaminanti chimici; – pericoli microbiologici; – nuove tendenze di consumo; – biotossine; – allergeni.
Sono state prese in considerazione 13 dimensioni contrassegnate da significativa criticità e all’esito del confronto con il network EREN sono state identificate 11 fattispecie rilevabili come rischi alimentari emergenti:
• Episodi di intossicazione legati al consumo di barbabietole crude in Francia;
• Aumento della presenza del batterio Vibrio spp. nelle acque del Nord Europa e rilevamento della tetrodotossina (TTX) nei molluschi bivalvi nel Regno Unito;
• Identificazione di un presunto nuovo virus influenzale in bovini e suini in Belgio;
• Presenza di elevati livelli di deossinivalenolo e zearalenone nel mais in Italia nel 2014;
• Dermatite dovuta al consumo di funghi shiitake crudi o poco cotti in Francia;
• Aumento dell’incidenza di Salmonella infantis nella carne di pollo in Croazia;
• Diffusione di enterobatteri zoonosici produttori di carbapenemasi in Finlandia;
• Riso artificiale con plastica;
• Episodi di infezione da Yersinia pseudotuberculosis legati al consumo di latte crudo in Finlandia;
• Fieno impiegato come alimento o additivo alimentare in Austria;
• Acido ossalico in frullati verdi in Germania.
Mentre l’EFSA ha interrotto la decisione in merito alla presenza, rilevata nella senape in Svizzera, di Bisfenolo F che è un composto chimico ritualmente utilizzato nelle materie plastiche, mentre non ha identificato come emergente il rischio derivante dal consumo di semi di albicocca amari.
Or dunque, lascia particolarmente attoniti la notizia dell’emergere del rischio legato al c.d. ‘riso di plastica’. In pratica, ha fatto il suo ingresso in Europa un falso riso ricavato dall’aggiunta di resine sintetiche industriali ad una miscela di patate e patate dolci in forma proprio di chicchi di riso. In vero, è da dirsiche già nel 2011 alcuni importanti mass-media asiatici diramarono la notizia della diffusione di un particolare riso artificiale di plastica prodotto in Cina e venduto in città come Taiyuan (provincia dello Shaanxi), ipotizzando tuttavia che fosse destinato all’esportazione nei Paesi dell’Africa.
Desta altrettanta preoccupazione la notizia dell’avvenuto isolamento in suini e bovini di un presunto nuovo virus influenzale, che ad ora si sta propagando in taluni allevamenti francesi, dopo esser stato dapprima identificato nel 2011 nei suini statunitensi colpiti da malattia simil-influenzale; successivamente, nel 2014, è stato accertato un aumento di tale agente patogeno nei bovini americani, cinesi e francesi e il genoma del virus rilevato in Europa è risultato quasi del tutto identico a quello statunitense, rivelandosi capace di infettare suini e bovini e pure i furetti. Ora, considerato che a questi ultimi animali fanno tradizionalmente capo gli studiosi delle forme di influenza negli esseri umani, se ne ricaverebbe che tale virus sarebbe suscettibile di trasmettersi anche all’uomo. Ciò stante, però, occorre doverosamente evidenziare che i dati acquisiti complessivamente sin qui sono assolutamente insufficienti perché si possa parlare di circolazione nella popolazione umana del virus correlato all’influenza genere D, quel che di fatto è ad oggi escluso.
Non si trascuri, comunque, che la rassegna dei rischi emergenti censiti dall’EFSA offre, all’opposto, una importante chiave di lettura: il made in Italy agroalimentare gode di buona salute visto che non risulta coinvolto nei numerosi casi d’allarme registrati in tutt’Europa quanto a ortaggi, latte, carni e molluschi.
Tuttavia, proprio con riferimento all’Italia, l’EFSA segnala che due anni addietro (ad esito peraltro del trend in aumento degli anni precedenti), successivamente a plurime allerte dovute agli effetti negativi sulla salute e sulla produzione negli animali (soprattutto suini) legati al consumo del mais, le analisi ufficiali e quelle in autocontrollo esperite proprio su mais e alimenti zootecnici hanno accertato frequenze e livelli elevati di deossinivalenolo (DON) e la contaminazione da zearalenone. Giova puntualizzare che DON e zearalenone sono micotossine tra le più diffuse negli alimenti e nei mangimi, identificate soprattutto come agenti contaminanti dei cereali quali grano, orzo e mais. In particolare, con riferimento all’area a maggiore produzione di mais italiano, vale a dire il Nord Italia, si sarebbe determinata una concatenazione tra il livello più elevato di contaminazione e il rapporto temperatura più bassa-umidità più alta mai prima registrato. Di fatto, le contaminazioni da DON e zearalenone erano già state accertate ad altitudini superiori con clima fresco e umido, ma mai nei territori italiani a bassa quota. Sicchè, il Rapporto EFSA rileva l’emergere del rischio della proliferazione, in corrispondenza di condizioni climatiche umide e fresche (in particolare, quelle estive), di nuove micotossine dalla tossicità poco o per niente nota e di difficile rilevazione stanti gli strumenti e i metodi attuali.
E’ assai particolare notare che la pubblicazione del Dossier è avvenuta nel medesimo periodo in cui in Italia è divampata la c.d. “guerra del grano”, allorquando, nel vivo dell’estate appena trascorsa, si è assistito ad una mobilitazione nazionale (definita come la più grande degli ultimi decenni) in difesa del frumento italiano, con il ritorno dei trattori nelle piazze di diverse città ad animare la contestazione popolare verso il vertiginoso crollo delle quotazioni del grano rispetto all’anno precedente e le presunte speculazioni sui prezzi che praticamente non coprono più i costi di produzione.
Nel contempo, lo scenario dei nuovi rischi alimentari italiani, così come configurato dal Rapporto curato dall’EFSA, non è mai entrato nel dibattito pubblico del nostro Paese.