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Crif e Nomisma, studio sulle filiere produttive dell’Emilia Romagna

by Unione Coltivatori Italiani
Luglio 26, 2018
in Agricoltura, Made in Italy, Notizie, Tendenze e Società
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CRIF e Nomisma hanno realizzato per Confindustria Emilia un’indagine dettagliata sulle filiere produttive presenti nei 126 Comuni del territorio di competenza nelle province di Bologna, Ferrara e Modenain cui opera l’Associazione, anche in rapporto al contesto italiano in generale. Questo primo rapporto si inserisce nel progetto ‘Osservatorio Filiere’ che verrà sviluppato con cadenza periodica da CRIF e Nomisma con l’obiettivo di fornire una panoramica aggiornata dell’evoluzione delle filiere stesse sulla base di un set di indicatori.

Confindustria Emilia ha rimodulato la propria governance politica e di rappresentanza associativa sul nuovo schema organizzativo strutturato sulla base delle 20 filiere individuate nello studio: Agroalimentare, Automotive, Carta e stampa, Chimica e Farmaceutica, Costruzioni e Infrastrutture, Digital, Elettronica e Meccatronica, Energia, Facilities, Home, Macchine, Mobilità e logistica, Moda e Lusso, Packaging, Plastica, Metalli, Salute, Servizi professionali, Turismo e Cultura, Veicoli industriali.

Gli anelli in cui è stata segmentata la filiera Agroalimentare in questo studio CRIF – NOMISMA sono i seguenti:

materie prime: agricoltura e coltivazioni, allevamento, pesca; 

trasformazione: produzione di prodotti alimentari finiti, lavorazione di materie prime per la produzione di alimenti e bevande;  

distribuzione: distributori automatici, commercio all’ingrosso, al dettaglio e ambulante di generi alimentari; 

servizi: Settore Ho.Re.Ca;

supporto: supporto agli anelli antecedenti (macchine agricole, macchinari per la trasformazione degli alimenti, magazzinaggio e logistica).

Le filiere collegate a quella agroalimentare sono innanzitutto quella del Packaging, in secondo luogo chimica e farmaceutica, mobilità e logistica, macchine e infine turismo e cultura.

Il valore della filiera

Nelle tre province emiliane troviamo un totale di 2.388 imprese (società di capitali) con fatturato superiore a 100 mila Euro appartenenti alla filiera (il 4,2% della filiera Italia), di cui ben il 33,5% appartiene all’anello distribuzione, il 29,3% ai servizi, il 16,4% alla trasformazione, l’11,8% al supporto e solo l’8,98% alle materie prime, percentuali che si discostano poco dalle medie nazionali.

In Italia (prese in considerazione tutte le società di capitali, le società di persone e le ditte individuali), appartengono alla filiera agroalimentare 1.286.132 imprese, che differiscono per composizione in modo sostanziale rispetto al contesto che considera solo le società di capitali: il 40,7% si trova nell’anello materie prime e solo il 5,4% in quello della trasformazione; la distribuzione si riduce al 26,9% e i servizi al 24%.

Gli addetti delle aziende con più di 100 mila euro di fatturato nelle province di Bologna, Ferrara e Modena sono 69.183 e rappresentano il 6,1% della filiera Italia.

A livello di fatturato, non sussistono differenze significative tra le tre province e il quadro nazionale. Diversamente, per quanto riguarda gli utili, su scala nazionale si nota una maggiore incidenza delle aziende dedite alla distribuzione (40,27% contro il 23,07% nelle tre province) e una percentuale più bassa nell’anello della trasformazione (34,35% in Italia contro il 45,08% delle province di Bologna, Modena e Ferrara per le quali questo anello è il più produttivo).

L’incidenza della filiera Agroalimentare – intesa come il rapporto percentuale tra il numero di addetti della filiera in regione e il numero di addetti totale in regione – in Emilia Romagna si attesta al 19,3% mentre in Italia è di media pari al 13,5%.

Il peso della filiera, calcolato come il rapporto percentuale tra il numero addetti della filiera agroalimentare in regione e il numero addetti nella filiera in Italia, registra un 85% degli addetti concentrato in Lombardia (23,6%), Emilia-Romagna (13,7%), Veneto (12,2%), Lazio (7,6%), Piemonte (6,9%), Toscana (5,9%), Campania (5,7%), Puglia (4,8%) e Sicilia (4,4%).

Le performance

Le performance della filiera agroalimentare sono in linea con quelle nazionali e risultano in miglioramento. In particolare, il tasso di crescita degli anelli materie prime e trasformazione mostra i valori più alti: in Italia, l’utile del 2016 rispetto a quello del 2015 cresce dell’11,6% nell’anello delle materie prime, e del 9,3% nell’anello trasformazione, accompagnato da un tasso di crescita annuo del fatturato pari al 3,22%. Nelle province di Bologna, Ferrara e Modena, invece, il tasso di crescita annuo del fatturato del comparto agroalimentare ha superato il 4% nel 2016. 

In termini di margine operativo lordo, la filiera a livello nazionale ha raggiunto il 5% nel 2016, mentre le province di Bologna, Ferrara e Modena hanno registrato una migliore performance raggiungendo il 5,6%. L’anello della filiera con la marginalità più alta a livello nazionale è quello delle materie prime, che nel 2016 registra una marginalità pari al 9,4%.

Tutte le regioni d’Italia presentano un tasso di turnover per la filiera agroalimentare positivo nel periodo 2015-2016. L’Emilia Romagna, però, presenta il tasso più basso (0,6%) tra tutte le regioni.

L’export

Le performance delle province di Bologna, Ferrara e Modena sono leggermente meno virtuose rispetto ai risultati della regione Emilia Romagna: le imprese esportatrici nel comparto agroalimentare delle tre province rappresentano il 23,1% delle imprese della filiera contro il 25,3% a livello regionale. Il peso dell’export nella filiera (ovvero il rapporto tra l’Export e il Fatturato di Filiera) è del 11,7% nelle province di Bologna, Ferrara e Modena contro il 13,1% del totale Emilia-Romagna.

Le caratteristiche della filiera

All’interno della filiera agroalimentare, il cui fatturato mediano è pari a 815 mila euro, si nota una prevalente presenza di imprese di piccola dimensione: la classe di fatturato più rappresentata è quella delle aziende con meno di 500 mila di fatturato (20.566 unità). Analizzando le performance degli anelli, la trasformazione presenta il fatturato mediano più alto (1.512 mila euro) mentre quello dei servizi presenta il fatturato mediano più basso (439 mila euro).

Rispetto al fatturato, i costi che incidono maggiormente in tutti gli anelli della filiera sono quelli che si riferiscono alle materie prime, che nelle province in esame superano il 40%. Inoltre, in Italia, l’anello distribuzione presenta i costi più alti per le materie prime superando il 70%. Per quanto riguarda il costo del lavoro, invece, si va poco oltre il 10% (13,95% nell’intera filiera), anche se il trend dell’incidenza del costo del lavoro è in crescita. Per i costi di gestione, invece, l’anello dei servizi è quello che in Italia presenta i costi più alti, mentre l’anello della distribuzione è quello con i costi più bassi per questa voce.

Nota Metodologica

Per tutte le informazioni presenti nel report, a meno di specifici cambiamenti evidenziati di volta in volta nelle tavole, il perimetro di analisi per la costruzione degli indicatori è costituito dalle aziende attive al 31.12.2016, che per l’anno 2016 abbiano presentato un bilancio con fatturato maggiore o uguale a 100 mila euro.

Per i trend, è stato utilizzato un campione «semi-aperto», ossia un’azienda è stata inserita nell’analisi se ha presentato almeno due bilanci con fatturato superiore a 100 mila euro in due anni consecutivi nel periodo 2012-2016.

Negli indicatori in cui compare il fatturato, sono stati utilizzati i dati del valore della produzione.

Tags: CrifNomismaOsservatorio Filiere
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