E' entrata in vigore lo scorso 23 settembre la legge 141 del 18 agosto 2015 sull’agricoltura sociale, pubblicata sulla Gazzetta ufficiale numero 208 dell’8 settembre 2015.
Grazie a tale legge vengono finalmente riconosciute giuridicamente le tante esperienze di agricoltura sociale, cioè di pratiche agricole finalizzate non solo alla produzione di beni, ma anche al reinserimento nella comunità di soggetti svantaggiati, ad esempio attraverso terapie con gli animali o con le piante, garantendo anche posti di lavoro a persone disabili o con difficili esperienze alle spalle (è il caso di tossicodipendenti o ex carcerati). Insomma, l’agricoltura sociale coniuga l’imprenditorialità agricola con la responsabilità sociale.
L’Italia, in questo settore, è un punto di riferimento internazionale per le buone pratiche, avendo collezionato oltre mille progetti, con un giro di oltre quattromila operatori su tutto il territorio nazionale per un valore della produzione di 200 milioni di euro.
La nuova legge, come sottolinea l’articolo 1, “nel rispetto dei principi previsti dall'articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione e delle competenze regionali, promuove l'agricoltura sociale, quale aspetto della multifunzionalità delle imprese agricole finalizzato allo sviluppo di interventi e di servizi sociali, socio-sanitari, educativi e di inserimento socio-lavorativo, allo scopo di facilitare l'accesso adeguato e uniforme alle prestazioni essenziali da garantire alle persone, alle famiglie e alle comunità locali in tutto il territorio nazionale e in particolare nelle zone rurali o svantaggiate”.
L’articolo 2 si occupa delle definizioni, chiarendole. Recita che “per agricoltura sociale si intendono le attività esercitate dagli imprenditori agricoli di cui all'articolo 2135 del codice civile, in forma singola o associata, e dalle cooperative sociali di cui alla legge 8 novembre 1991, n. 381, nei limiti fissati dal comma 4 del presente articolo, dirette a realizzare:
a) inserimento socio-lavorativo di lavoratori con disabilità e di lavoratori svantaggiati, definiti ai sensi dell'articolo 2, numeri 3) e 4), del regolamento (UE) n. 651/2014 della Commissione, del 17 giugno 2014, di persone svantaggiate di cui all'articolo 4 della legge 8 novembre 1991, n. 381, e successive modificazioni, e di minori in età lavorativa inseriti in progetti di riabilitazione e sostegno sociale;
b) prestazioni e attività sociali e di servizio per le comunità locali mediante l'utilizzazione delle risorse materiali e immateriali dell'agricoltura per promuovere, accompagnare e realizzare azioni volte allo sviluppo di abilità e di capacità, di inclusione sociale e lavorativa, di ricreazione e di servizi utili per la vita quotidiana;
c) prestazioni e servizi che affiancano e supportano le terapie mediche, psicologiche e riabilitative finalizzate a migliorare le condizioni di salute e le funzioni sociali, emotive e cognitive dei soggetti interessati anche attraverso l'ausilio di animali allevati e la coltivazione delle piante;
d) progetti finalizzati all'educazione ambientale e alimentare, alla salvaguardia della biodiversità nonché alla diffusione della conoscenza del territorio attraverso l'organizzazione di fattorie sociali e didattiche riconosciute a livello regionale, quali iniziative di accoglienza e soggiorno di bambini in età prescolare e di persone in difficoltà sociale, fisica e psichica.
Tali attività possono essere esercitate da imprenditori agricoli, da cooperative sociali (legge 8 novembre 1991, n. 381), il cui fatturato derivante dall'esercizio delle attività agricole svolte sia prevalente (nel caso in cui il suddetto fatturato sia superiore al 30 per cento di quello complessivo, le medesime cooperative sociali sono considerate operatori dell'agricoltura sociale, ai fini della presente legge, in misura corrispondente al fatturato agricolo) o in associazione con cooperative sociali, con imprese sociali (decreto legislativo 24 marzo 2006, n. 155), associazioni di promozione sociale iscritte nel registro nazionale previsto dalla legge 7 dicembre 2000, n. 383, nonché con soggetti di cui all'articolo 1, comma 5, della legge 8 novembre 2000, n. 328, ferme restando la disciplina e le agevolazioni applicabili a ciascuno dei soggetti richiamati in base alla normativa vigente.
Tali attività, richiama ancora la legge, “sono realizzate, ove previsto dalla normativa di settore, in collaborazione con i servizi socio-sanitari e con gli enti pubblici competenti per territorio. Gli enti pubblici competenti per territorio, nel quadro della programmazione delle proprie funzioni inerenti alle attività agricole e sociali, promuovono, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, politiche integrate tra imprese, produttori agricoli e istituzioni locali al fine di sviluppare l'agricoltura sociale”.
L’articolo 3 si occupa del riconoscimento degli operatori, precisando che – al fine di favorire l'integrazione delle attività di agricoltura sociale nella programmazione della rete locale delle prestazioni e dei servizi precisati nella norma – le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, nell'ambito delle proprie attribuzioni, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, adeguano, qualora necessario, le proprie disposizioni in materia al fine di consentire il riconoscimento degli operatori dell'agricoltura sociale da parte degli enti preposti alla gestione dei servizi e delle prestazioni di cui al medesimo articolo 2, comma 1, e di rendere pubblici i nominativi degli operatori riconosciuti.
Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano stabiliscono altresì le modalità per il riconoscimento provvisorio degli operatori che alla data di entrata in vigore della presente legge già svolgono attività di agricoltura sociale da almeno due anni, fissando un termine non inferiore a un anno per l'adeguamento ai prescritti requisiti.
Il monitoraggio e la valutazione dei servizi e delle prestazioni avvengono secondo le disposizioni previste dal soggetto competente per il riconoscimento, in coerenza con le linee guida definite ai sensi dell'articolo 7.
Dal riconoscimento degli operatori di cui al primo e al secondo periodo del presente comma non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
L’articolo 4 detta disposizioni in materia di organizzazioni di produttori (viene richiamato il decreto legislativo 27 maggio 2005, n. 102).
L’articolo successivo, il 5, è sui locali per l'esercizio delle attività di agricoltura sociale. Recita: “I fabbricati o le porzioni di fabbricati rurali già esistenti nel fondo, destinati dagli imprenditori agricoli all'esercizio delle attività di cui all'articolo 2, mantengono il riconoscimento della ruralità a tutti gli effetti, nel rispetto delle previsioni degli strumenti urbanistici. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano possono promuovere il recupero del patrimonio edilizio esistente ad uso degli imprenditori agricoli ai fini dell'esercizio di attività di agricoltura sociale, nel rispetto delle specifiche caratteristiche tipologiche e architettoniche, nonché delle caratteristiche paesaggistico-ambientali dei luoghi”.
L’articolo 6 tratta degli interventi di sostegno. Stabilisce che “le istituzioni pubbliche che gestiscono mense scolastiche e ospedaliere possono prevedere, nel rispetto delle disposizioni di cui all'articolo 1, comma 1, quarto periodo, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, e successive modificazioni, nelle gare concernenti i relativi servizi di fornitura, criteri di priorità per l'inserimento di prodotti agroalimentari provenienti da operatori dell'agricoltura sociale.
Inoltre stabilisce che i comuni definiscono modalità idonee di presenza e di valorizzazione dei prodotti provenienti dall'agricoltura sociale nelle aree pubbliche ai sensi dell'articolo 28 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114, e successive modificazioni.
Nell'ambito delle operazioni di alienazione e locazione dei terreni demaniali agricoli e di quelli appartenenti agli enti pubblici territoriali e non territoriali, di cui all'articolo 66 del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, e successive modificazioni, sono previsti criteri di priorità per favorire l'insediamento e lo sviluppo delle attività di agricoltura sociale, anche utilizzando i beni e i terreni confiscati ai sensi del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159.
La legge stabilisce che con apposito decreto, il ministro dell’Economia e delle finanze, di concerto con il ministro delle Politiche agricole alimentari e forestali e con il ministro del Lavoro e delle politiche sociali, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, definisce requisiti e criteri per l'accesso ad ulteriori agevolazioni e interventi di sostegno per le attività di cui all'articolo 2, nell'ambito delle risorse previste dalla legislazione vigente e comunque senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
Infine il comma 6 dell’articolo prevede che nella predisposizione dei piani regionali di sviluppo rurale, le regioni possono promuovere la realizzazione di programmi finalizzati allo sviluppo della multifunzionalità delle imprese agricole e basati su pratiche di progettazione integrata territoriale e di sviluppo dell'agricoltura sociale. A tale fine le regioni promuovono tavoli regionali e distrettuali di partenariato tra i soggetti interessati alla realizzazione di programmi di agricoltura sociale.
L’articolo 7, l’ultimo, lancia l’istituzione dell'Osservatorio sull'agricoltura sociale presso il ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali. Ad esso sono attribuiti i seguenti compiti:
a) definizione di linee guida per l'attività delle istituzioni pubbliche in materia di agricoltura sociale, con particolare riferimento a criteri omogenei per il riconoscimento delle imprese e per il monitoraggio e la valutazione delle attività di agricoltura sociale, alla semplificazione delle procedure amministrative, alla predisposizione di strumenti di assistenza tecnica, di formazione e di sostegno per le imprese, alla definizione di percorsi formativi riconosciuti, all'inquadramento di modelli efficaci, alla messa a punto di contratti tipo tra imprese e pubblica amministrazione;
b) monitoraggio ed elaborazione delle informazioni sulla presenza e sullo sviluppo delle attività di agricoltura sociale nel territorio nazionale, anche al fine di facilitare la diffusione delle buone pratiche;
c) raccolta e valutazione coordinata delle ricerche concernenti l'efficacia delle pratiche di agricoltura sociale e loro inserimento nella rete dei servizi territoriali;
d) proposta di iniziative finalizzate al coordinamento e alla migliore integrazione dell'agricoltura sociale nelle politiche di coesione e di sviluppo rurale;
e) proposta di azioni di comunicazione e di animazione territoriale finalizzate al supporto delle iniziative delle regioni e degli enti locali.
L'Osservatorio cura il coordinamento della sua attività con quella degli analoghi organismi istituiti presso le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano in materia di agricoltura sociale.
L'Osservatorio è nominato con decreto del ministro delle Politiche agricole alimentari e forestali ed è composto da:
a) cinque rappresentanti delle amministrazioni dello Stato, designati rispettivamente dal ministro delle Politiche agricole alimentari e forestali, dal ministro del Lavoro e delle politiche sociali, dal ministro dell’Istruzione, dell'università e della ricerca, dal ministro della Salute e dal ministro della Giustizia;
b) cinque rappresentanti delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano, designati dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano;
c) due rappresentanti delle organizzazioni professionali agricole maggiormente rappresentative a livello nazionale, designati dalle organizzazioni medesime;
d) due rappresentanti delle reti nazionali di agricoltura sociale, designati dalle reti medesime;
e) due rappresentanti delle organizzazioni del terzo settore maggiormente rappresentative a livello nazionale, designati dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e individuati nell'ambito degli operatori già attivi nel territorio nel settore dell'agricoltura sociale;
f) due rappresentanti delle associazioni di promozione sociale con riferimenti statutari all'ambito agricolo iscritte nel registro nazionale previsto dalla legge 7 dicembre 2000, n. 383, designati dall'Osservatorio nazionale dell'associazionismo di cui all'articolo 11 della medesima legge n. 383 del 2000;
g) due rappresentanti delle organizzazioni della cooperazione, designati dalle associazioni nazionali di rappresentanza, assistenza e tutela del movimento cooperativo maggiormente rappresentative.
Il ministro delle Politiche agricole alimentari e forestali provvede, con proprio decreto da adottare entro il termine di centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, alla definizione delle modalità di organizzazione e di funzionamento dell'Osservatorio. Al funzionamento dell'Osservatorio si provvede con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente e comunque senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. La partecipazione all'Osservatorio non dà luogo alla corresponsione di compensi, gettoni, emolumenti, indennità o rimborsi di spese comunque denominati.
L’approvazione della legge 18 agosto 2015 giunge al termine di un lungo percorso di gestazione, cominciato circa cinque anni fa con una dettagliata indagine conoscitiva su tale fenomeno mirata ad acquisire dati, informazioni e valutazioni sulle iniziative avviate, sulle loro caratteristiche qualitative e quantitative e sui risultati raggiunti. Al termine di questa fase è emerso un sostanziale vuoto normativo e una serie di problemi per gli operatori del settore, sia di riconoscimento delle competenze sia di creazione di soggetti con adeguata identità giuridica.
Del resto l’agricoltura sociale è materia complessa; si tratta di un frammento del primo settore però con un’estesa pluralità di esperienze, non riconducibili quindi ad un modello unitario. Sono molteplici le iniziative registrate in tutti questi anni, da quelle di natura sociosanitaria a quelle di carattere formativo ed educativo fino al vero e proprio inserimento lavorativo.
Ben schematizza Alberto Rocchi su “Euroconference news” tre modelli teorici, cioè le imprese agricole rivolte al mercato (esempio: aziende “produttive” che nel contempo forniscono accompagnamento e formazione all’inserimento lavorativo di soggetti a bassa contrattualità), strutture terapeutiche e riabilitative (esempio: aziende che erogano servizi “strutturati” quali l’ippoterapia), modelli di apertura al sistema sociale nei quali l’agricoltura è il tramite per la fornitura di servizi alla persona (fattorie didattiche, impegni per gli anziani, ecc…).
Lo stesso Rocchi conferma come “gli strumenti normativi disponibili prima dell’approvazione della legge, si mostravano insufficienti” e come “nonostante il modello dell’agricoltura multifunzionale fosse stato da tempo codificato nella legge di orientamento, le declinazioni normative disponibili, non erano in grado di racchiudere tutte le possibili manifestazioni del fenomeno dell’agricoltura sociale. Questa infatti non esaurisce il suo perimetro nella sfera delle attività connesse, con riferimento alle quali può funzionare in quei casi in cui l’offerta di servizi da parte delle aziende agricole comporta il conseguimento di un corrispettivo (esempio, terapie assistite con animali), ma non nelle fattispecie in cui il beneficio che l’agricoltura produce è l’effetto indiretto dell’esercizio ordinario dell’attività (esempio, inserimento di soggetti svantaggiati)”.
La legge è quindi importante soprattutto nella definizione dei “soggetti” e delle “attività”.
Tra le iniziative avviate a ridosso dell’approvazione della legge sull’agricoltura sociale, spicca “Orto nella rete”, che porta la prestigiosa firma della Snam. Si tratta di un progetto avviato a Terranuova Bracciolini, in provincia di Arezzo, in cui la responsabilità sociale si coniuga con la tutela ambientale.
“Il comune denominatore sarà la generazione di un valore condiviso tra impresa, comunità e territori – spiega l’azienda in una nota. Il primo appuntamento è costituito da una mostra fotografica di Christian Sinibaldi, con scatti agricoli, allestita in collaborazione con la Betadue, cooperativa sociale a cui Snam ha affidato in comodato d’uso gratuito un’area confinante con l’impianto di compressione del gas naturale di Terranuova. L’esposizione è itinerante. I prodotti coltivati saranno destinati alle mense degli asili del Valdarno, “in un’ottica di filiera corta e di condivisione delle attività economiche sul territorio”.
photo credit to ifad-un.blogspot.it/