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Unione Coltivatori Italiani
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Beni culturali a rischio per dissesto idrogeologico

by Unione Coltivatori Italiani
Marzo 18, 2023
in Ambiente, Notizie
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I beni culturali di composizione calcarea a Roma (architettonici, archeologici, statue e fontane) riportati nella Carta del Rischio del Patrimonio Culturale (ISCR) sono circa 3.600, mentre quelli con composizione bronzea sono 60: entrambe le tipologie sono principalmente collocate nel centro della capitale. La perdita di superficie – quantificata attraverso la realizzazione di “mappe di danno” – è risultata essere compresa tra 5,2 e 5,9 micron l’anno per il marmo e 0,30e 0,35 micron l’anno per il bronzo.

Sono alcuni dei dati diffusi dall’ISPRA e dall’ISCR, che hanno messo in comune conoscenze e dati per migliorare le informazioni sull’impatto dell’ambiente sui beni culturali e per implementare quelle sull’interazione tra le opere d’arte e il territorio in cui esse sono collocate, al fine di programmare le attività di manutenzione di un bene e gli eventuali interventi di restauro.

Due, ad oggi, i filoni di ricerca sviluppati all’interno del Protocollo d’intesa: la valutazione degli effetti dell’inquinamento atmosferico e di altri fattori di pressioni antropici sui monumenti e il dissesto idrogeologici. Negli ultimi decenni il degrado dei materiali esposti all’aperto ha subito un’accelerazione ed è stato registrato un incremento della velocità con cui alcuni processi, coinvolti nel degrado, evolvono nel tempo; l’inquinamento atmosferico è risultato un fattore di pressione determinante per le superfici dei monumenti esposti all’aperto. L’impatto delle sostanze inquinanti emesse in atmosfera sui materiali costitutivi dei monumenti è ingente ed irreversibile a causa della mancanza di sistemi di autorigenerazione, che sono invece presenti negli esseri viventi. Non esistono, al momento, valori limite specifici per gli effetti dell’inquinamento atmosferico sui beni di interesse storico – artistico. Sola eccezione, in Italia, sono le opere d’arte esposte all’interno dei musei.

ISPRA e ISCR hanno avviato nel 2013 una campagna sperimentale, con la collaborazione di ARPA Lazio, condotta presso 7 siti selezionati a Roma, all’interno del Grande Raccordo Anulare (in corrispondenza di altrettante stazioni della rete di monitoraggio della qualità dell’aria), per individuare una correlazione tra la ‘dose’ (le concentrazioni di inquinanti presenti in atmosfera e l’intensità dei fattori climatici) e la ‘risposta’ (il danno subito dai materiali esposti espresso come perdita di materiale e sporcamento).

In particolare, mentre i provini di marmo mostrano un leggero sporcamento nel tempo – che risulta più evidente nei siti caratterizzati da concentrazioni più alte di particolato atmosferico – per il vetro ed il rame invece lo stesso indicatore ha mostrato un significativo aumento nel tempo in tutti i siti. Ancora: la perdita di materiale calcolata sperimentalmente sul campione in situ, si è attestata su 3-4 micron all’anno.

Per ciò che riguarda il secondo filone di studio, quello relativo al rischio idrogeologico, sono quasi 14.000 i Beni Culturali archeologici ed architettonici esposti a rischio da frana, 28.483 i beni esposti ad alluvioni con tempo di ritorno fino a 200 anni e 39.025 quelli esposti ad alluvioni rare ma di estrema intensità con tempo di ritorno fino a 500 anni. Dalle elaborazioni emerge che, relativamente alle alluvioni, nel comune di Roma i Beni Culturali immobili esposti a rischio idraulico con tempo di ritorno fino a 500 anni sono 2.204 e l’area inondata comprenderebbe anche il centro storico (Piazza Navona, Piazza del Popolo,Pantheon).

Per quanto riguarda le frane, numerosi sono i borghi storici interessati da fenomeni di dissesto, quali ad esempio Volterra (PI) con il crollo di una porzione delle mura medievali nel 2014, Civita di Bagnoregio (VT) e Certaldo (FI). Negli ultimi anni diversi borghi sono stati oggetto di interventi di consolidamento e riduzione del rischio idrogeologico.

L’ISPRA ha presentato metodologie e tecniche innovative di monitoraggio satellitare, che consentono di analizzare su area vasta i beni culturali esposti a fenomeni franosi lenti e quindi di identificare le priorità e pianificare studi di maggior dettaglio, sopralluoghi e l’adozione di sistemi di monitoraggio strumentale. 

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