Il Comitato intergovernativo dell’Unesco, riunito a New Delhi, ha stabilito di iscrivere la “Cucina italiana” nella Lista rappresentativa del Patrimonio Culturale Immateriale dell’umanità, un riconoscimento che valorizza un patrimonio vivo fatto di saperi, tradizioni, territori, filiere e convivialità.

Secondo la decisione, la cucina italiana è una “miscela culturale e sociale di tradizioni culinarie”, “un modo per prendersi cura di se stessi e degli altri, esprimere amore e riscoprire le proprie radici culturali, offrendo alle comunità uno sbocco per condividere la loro storia e descrivere il mondo che li circonda“.
La portata del provvedimento
Il riconoscimento è da record. Si tratta della prima cucina al mondo ad essere riconosciuta nella sua interezza. L’Unesco sottolinea come il cucinare all’italiana “favorisce l’inclusione sociale, promuovendo il benessere e offrendo un canale per l’apprendimento intergenerazionale permanente, rafforzando i legami, incoraggiando la condivisione e promuovendo il senso di appartenenza“.
Oltre al prestigio ed alla celebrata fama nel mondo, occorre dare mezione anche dell’impatto economico sviluppato, che è notevole; nel 2024 la ristorazione italiana ha raggiunto nel mondo un valore complessivo di 251 miliardi di euro, confermando la forza della nostra tradizione enogastronomica e la sua capacità di generare valore culturale ed economico su scala globale.
«Il riconoscimento dell’UNESCO è un traguardo storico che rende omaggio non solo ai piatti più celebri, ma al sistema di conoscenze, lavoro e identità che li rende possibili: dalle produzioni agricole e agroalimentari ai ristoratori, dai territori alle famiglie. È una conquista che appartiene a tutti e che ci chiama a una responsabilità ulteriore: tutelare la qualità, rafforzare le filiere, promuovere la sostenibilità e trasmettere alle nuove generazioni questo patrimonio unico», le parole di Livio Proietti, Presidente ISMEA, e Sergio Marchi, Direttore Generale ISMEA.
Le motivazioni alla base
Il cucinare è per gli italiani, “un’attività comunitaria che enfatizza l’intimità con il cibo, il rispetto per gli ingredienti e i momenti condivisi attorno alla tavola. La pratica è radicata nelle ricette anti-spreco e nella trasmissione di sapori, abilità e ricordi attraverso le generazioni. Essendo una pratica multigenerazionale, con ruoli perfettamente intercambiabili, la cucina svolge una funzione inclusiva, consentendo a tutti di godere di un’esperienza individuale, collettiva e continuo di scambio, superando tutte le barriere interculturali e intergenerazionali“.
Nella decisione, si sottolinea anche come il dossier di candidatura, curato dal giurista Pier Luigi Petrillo, dimostra “gli sforzi significativi compiuti dalle comunità negli ultimi sessant’anni, in particolare da organismi rappresentativi chiave come la rivista La Cucina Italiana, l’Accademia Italiana della Cucina, la Fondazione Casa Artusi“. Con l’iscrizione della cucina italiana come patrimonio dell’Unesco, l’Italia conquista il record mondiale di riconoscimenti nel settore agro-alimentare in proporzione al numero dei riconoscimenti complessivi ottenuti.

Italia leader nel mondo, agroalimentare in testa
Delle 21 tradizioni iscritte nella Lista dei patrimoni culturali immateriali, nove sono infatti riconducibili all’agroalimentare: la cucina italiana, l’arte dei pizzaiuoli napoletani, la transumanza, la costruzione dei muretti a secco in agricoltura, la coltivazione della vite ad alberello dello zibibbo di Pantelleria, la dieta mediterranea (per la quale sta arrivando anche la giornata internazionale), la cava e cerca del tartufo, il sistema irriguo tradizionale, l’allevamento dei cavalli lipizzani.











