Durante l’Assemblea annuale di Assica (Associazione Industriali delle Carni e dei Salumi aderente a Confindustria), sono stati presentati i dati economici del settore. Nel corso del 2024, la produzione dei salumi ha registrato un incremento produttivo, trainato principalmente dalla domanda estera. La produzione complessiva ha raggiunto 1,165 milioni di tonnellate, segnando una crescita dell’1,2% rispetto al 2023. In aumento anche il valore della produzione, salito a circa 9.463 milioni di euro (+3,2%).

Il valore del settore
L’insieme delle produzioni del settore (comprese le lavorazioni dei grassi e delle carni bovine in scatola) ha presentato un fatturato di 9.787 milioni di euro, superiore (+3%) a quello del 2023 (9.498 milioni di euro). I dati del 2024 evidenziano una dinamica positiva sul fronte produttivo e dell’export, ma al tempo stesso pongono l’accento su un calo dei consumi interni da non sottovalutare. Il segretario di Assica, beretta, ha le idee chiare sul punto: “occorre riflettere sui cambiamenti nelle abitudini alimentari dei consumatori italiani, promuovendo al contempo una comunicazione più incisiva sulla qualità, la sicurezza e il valore culturale dei nostri prodotti. Tuttavia, non possiamo dimenticare che sui consumi pesa anche la perdita del potere d’acquisto delle famiglie. Le famiglie italiane hanno visto i loro consumi mutare profondamente dal Covid-19, con l’inflazione che ha drasticamente ridotto la loro capacità d’acquisto nel biennio 2022-2023″.
L’analisi sui costi di produzione
Ha aggiunto Beretta che, “sebbene il 2024 abbia mostrato segnali di cauto miglioramento, sul fronte dell’inflazione e anche dei prezzi di alcune materie prime, i costi di produzione nel nostro settore sono rimasti elevati, rendendo difficile competere sul mercato interno. I conflitti in Medio Oriente, in particolare quello tra Israele e Iran, rappresentano una grave preoccupazione per il nostro settore. Uno shock simile a quello generato della guerra in Ucraina, con la conseguente impennata dei prezzi energetici, già tra i più alti d’Europa, e dell’inflazione sarebbe difficilmente assorbito dalle famiglie italiane. Auspichiamo fortemente che questi scenari non si concretizzino e che vengano introdotte tutte le risorse per sostenere la nostra economia e il nostro settore”
Salumi, i prodotti traino
Tra i prodotti leader, il prosciutto crudo stagionato ha mostrato una netta ripresa con 271.700 tonnellate prodotte (+1,9%) e un valore di 2.521 milioni di euro (+5%). Anche il prosciutto cotto ha registrato una leggera crescita sia in volume (295.000 ton, +0,8%) che in valore (2.316 milioni di euro, +1,6%). Nel complesso, prosciutti crudi e cotti rappresentano il 48,6% della produzione totale in quantità e il 51,1% in valore.
Positivi anche i dati per mortadella (180.000 ton, +1,8%; 895,1 milione di euro, +3,3%) e salame (130.400 ton, +2,8%; 1.334 mln €, +5,3%), spinti soprattutto dall’export. Significativo incremento anche per lo speck (+5% in volume e +5,7% in valore). Dopo due anni difficili, ha registrato una ripresa la bresaola, con un +5,9% in volume e un +2,8% in valore. In controtendenza, invece, wurstel (-2,8% in quantità e -2,3% in valore), coppa (-3,5% in quantità) e pancetta (-1,7% in quantità, ma in lieve crescita in valore).

Focus sui consumi interni
Nonostante i buoni risultati produttivi, i consumi interni mostrano una contrazione. La disponibilità totale al consumo nazionale è scesa a 984.000 tonnellate (-1,3%). Il consumo apparente pro-capite di salumi si è ridotto a 16,5 kg (-1,3%), mentre quello complessivo di salumi e carne suina fresca è calato a 27,6 kg (-1,8%).I consumi di prosciutto crudo stagionato sono scesi a 206.400 tonnellate (-2,8%) e quelli di prosciutto cotto a 276.200 ton (-0,7%). In calo anche salame, mortadella e wurstel, mentre crescono i consumi di bresaola (+6,2%).
La struttura dei consumi interni nel 2024 vede al primo posto il prosciutto cotto con il 28,1% del totale, seguito da prosciutto crudo (21%), mortadella e wurstel (19,7%), salame (8,5%) e bresaola (2,5%). Gli altri salumi rappresentano il restante 20,2%.